Storm of Spears è un libro di un accademico molto giovane (Australiano o Neozelandese non ricordo) ed è molto interessante anche se non esente da critiche specialmente nella seconda parte. Per chi non è addentro alla tematica illustro un po' l'argomento: la battaglia oplitica. Opliti erano chiamati i fanti delle città-stato greche, probabilmente tutti almeno una volta hanno visto le rappresentazioni del classico guerriero con scudo rotondo, lancia, elmo e armatura di bronzo: hoplon era appunto il termine che indicava l'equipaggiamento e aspis indicava la sua parte più importante, il grande scudo rotondo. Gli opliti combattevano schierati in falange, attenzione non la falange macedone che qualcuno si ricorderà dal film di Stone su Alessandro Magno, ma una formazione lineare, profonda spesso otto ranghi. Ebbene proprio la natura del combattimento tra falangi è stata negli ultimi anni oggetto di notevoli dispute tra due fazioni (a seguito del successo del libro di V.Hanson, Hoplites: The Classical Greek Battle Experience, in italiano L'arte occidentale della guerra. Descrizione di una battaglia nella Grecia classica ) di studiosi: da una parte ci sono gli Ortodossi, dall'altra i cosi detti Eretici.
Gli ortodossi affermano che lo scontro tra falangi avveniva attraverso un impatto a tutta velocità tra i soldati, che arrivati ad una data distanza (più tardi si iniziava meglio era perchè si manteneva una formazione più compatta) iniziavano una corsa brutale contro i nemici con la lancia in posizione abbassata; dopo il primo violento scontro, le formazioni si ricompattavano e comprimevano e le lance ancora integre venivano portate in posizione sovraspalla per poi passare ad uno gigantesco scontro di spinte collettive con gli scudi tipo rugby scrum, l'othismos fino a quando una delle due non cedeva e veniva messa in rotta.
Gli eretici affermano che il termine spinta nei testi greci è figurativo non fisico e che nessun testo greco o immagine pittorica descrive l'othismos . Lo scontro in realtà doveva essere più aperto con frequenti separazioni tra i combattenti che non potevano reggere più di pochi minuti di combattimento corpo a corpo prima di rifiatare. Una pressione di massa sulle file iniziali le avrebbe schiacciate ne sarebbero riusciti a muovere alcun che.
Il mio parere sta più con gli eretici per motivi essenzialmente fisici descritti e perchè gli ortodossi basano le loro prove solo sulla terminologia il che mi pare davvero poco.
L'autore di Storm of Spears si piazza in una posizione a metà strada. La prima parte del libro fa un'analisi approfondita delle caratteristiche dell'armamento oplitico e di come e quanto poteva essere usato in battaglia, usando a suo supporto anche prove fisiche con reenactors per fare valutazione meccaniche e fisiologiche. In questa prima parte da delle conclusioni interessanti: arguisce che l'arma con posizione sovraspalla che si vede nelle raffigurazioni non rappresenta la lancia oplitica ma un giavellotto, si tratterebbe quindi di raffigurazioni di posizione belliche relativi a combattimenti dell'epos o comunque non all'interno della falange. L'unica posizione usabile nella falange con la lancia era quella sottobraccio (ne identifica due tipi). Tratta anche di come doveva essere la posizione del corpo dell'oplita in combattimento, di come era posizionato lo scudo, della durata dello scontro medio. La prima parte del libro è la più convincente.
Nella seconda parte tratta della falange in se, alla luce delle sue conclusioni nella prima parte; anzitutto esprime il suo convincimento che le classiche tre formazioni tradizionalmente associate con la falange macedone (formazioni aperta, normale e a muro di scudi) fossero già presenti nella falange oplitica e la superiorità delle spartani risiedesse proprio nella loro capacità, a seguito dell'addestramento, a muoversi al passo mantenendo il muro di scudi, mentre gli opliti delle altre città, non addestrati attaccavano di corsa in formazione larga\normale. Ovviamente una maggiore concentrazione di uomini e la protezione che garantiva il muro di scudi, dava una superiorità morale e fisica gli spartani. L'idea è molto interessante a conferma che l'autore ha delle ottime intuizioni
Poi esprime la sua idea che l'othismos come pressione di massa fosse fisicamente impossibile: mentre nella maggior parte dei casi si tratta appunto di un uso figurativo del termine, in altri casi (casi dove, fa notare l'autore, non è citato l'uso della formazione a muro di scudi da parte di uno dei combattenti) l'uso descrive uno scontro fisico, ma non nel senso che gli danno gli ortodossi, bensì una pressione iniziale dovuta alla corsa rapida dell'opliti che si schiantavano uno contro l'altro e che comprimeva inizialmente la falange. Se, dopo lo scontro iniziale, nessuno aveva ancora la meglio, allora le linee di allargavano gradualmente tornando ad uno scontro a portata di lancia.
Questa per sommi capi (il libro è sicuramente più interessante e meglio esposto di così) è la teoria del libro. La parte più critica è appunto quest'ultima dell'othismos percepito in questo senso: più che una teoria sembra un modo di dar ragione a tutti; nonostante l'autore pensi fisicamente impossibile una pressione di massa, trova però realistico uno schianto di massa, perchè gli opliti in corsa non si potevano fermare per l'impeto e perchè altrimenti i compagni dietro gli sarebbero andati addosso. La cosa pare poco credibile, non stiamo parlando di rinoceronti ma di uomini che corrono verso uno scontro brutale, spesso e volentieri una delle due falangi si sfaldava prima del contatto, e ciò significa che gli opliti non solo potevano fermarsi ma anche scappare senza tema di venire travolti. L'effetto poi di sette file si schiantano una sopra l'altra doveva essere tutto meno che salutare. Infine nei testi l'othismos è spesso l'ultima fase dello scontro, dopo le lance e non il contrario. Insomma questa parte lascia comunque tutti gli interrogativi aperti.
Il libro è comunque ottimo e vale la pena di leggerlo se ve la cavate con l'inglese.
Interessante, non ne sapevo molto sull'argomento. La libreria che citi a Milano è bellissima, io la ricordo ai tempi in cui era ancora in prossimità dell'università Cattolica dove ho studiato nei primi anni del 2000.
RispondiEliminaE' ancora li, anche se in una vietta secondaria dietro Sant'Ambrogio (saranno 5-10 minuti a piedi), via Morigi.
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